Pietro Wolfango Parolari, secondogenito dei nove figli del nobile Francesco Parolari e di Marianna Veronesi, nasce a Seo il 28 ottobre 1815.
Le condizioni agiate della famiglia, gli permettono di intraprendere la via degli studi ed espletare un lungo percorso formativo, che lo porterà a visitare le principali città d'arte della penisola italica e del resto d'Europa.
(I Parolari, a partire dal capostipite Ambrosio figlio di Pietro De Parolari da Tione, stanziato a Seo verso i primi del 1600, hanno espresso numerosi dottori nelle leggi, tra i quali vanno annoverati Giovanni Pietro Vicario di Tenno, ed altri 3 notai operanti in Seo fino ai primi del 1800).
Al fine di comprendere la vita e le opere dell'insigne ingegnere-architetto, è fondamentale consultare quanto recensito da Agostino Bonomi nella pubblicazione del 1913 in occasione del giubileo per l'inaugurazione della Croce Monumentale del Bleggio, a Santa Croce.
Le notizie riportate furono per la massima parte raccolte e spedite all'autore dall'allora curato di Seo, Don Silvio de Oliva, a distanza di quattro anni dalla scomparsa del nostro personaggio.
Stralcio dalla pubblicazione per il giubileo della Croce Monumentale del Bleggio 1863-1913:
Il Parolari fu avviato agli studi dal curato di Stenico, ed andò a terminarli a Trento e Rovereto, ove ebbe per condiscepoli Don Pellegrino Merli, il Dottor Parisi di Premione ed il poeta Giovanni Prati.
Con quest'ultimo sembra che sia stato a dozzina assieme a Trento: certo gli era legato da sincera amicizia.
Divenuto vecchio il Parolari solveva raccontare numerosi aneddoti e avventure studentesche passate in compagnia del poeta.
Fece gli studi superiori a Padova, ove si fermò per breve tempo e fu per due anni a Milano.
Ottenne così la patente di Ingegnere - Architetto.
Visitò a scopo di studio le principali città d' Italia, fermandosi di preferenza a Roma; quindi passò a Parigi.
Il soggiorno in questa città segnò per il Parolari l'epoca più fortunata della sua vita.
Lavorò come architetto alle dipendenze di una grande impresa edilizia e guadagnò somme non indifferenti, ma essendo egli per natura assai prodigo, i danari sfumarono con troppa celerità.
A Parigi strinse relazioni con molti artisti, con qualcuno dei quali continuò a tener corrispondenza anche dopo essersi stabilito in patria.
Fino ai suoi ultimi anni il Parolari serbò ognora buona memoria di Parigi e della Francia, delle cui istituzioni parlava sempre con entusiasmo, mentre anche nella vecchiaia continuava a dire, che la grazia più bella per lui sarebbe stata quella, di poter rivedere ancora una volta quei magnifici luoghi.
Da Parigi il Parolari passò a Londra; ma sembra che ivi la fortuna non gli sia stata propizia, probabilmente perche non conosceva la lingua inglese.
Affari domestici lo richiamarono in patria, quando poteva contare 35 o 40 anni: ma non offrendo essa grandi risorse per l'arte sua, chiese ed ottenne un posto come impiegato nell'ufficio giudiziale di Stenico, nella commissione per lo svincolamento della gleba.
Perdette però presto tale impiego, causa le sue idee politiche contrarie allo stato austriaco.
Verso l'anno 1865 si recò in Sardegna e vi rimase quattro mesi; poi passò a Napoli e a Catanzaro, dappertutto prestando l'opera sua come ingegnere in lavori portuali.
Dal 1870 in poi, salvo qualche rara escursione, rimase nel suo paesello nativo, ove morì vecchissimo il 28 febbraio 1909.
Il Parolari era di carattere buono ma bizzarro, cocciuto nelle sue idee e geloso dell'arte sua.
Perciò ebbe frequenti attriti, quando si trattava di eseguire qualche lavoro.
Visse scapolo e purtroppo gli ultimi anni della sua vita li passò nella più squallida miseria.
Povero, vergognoso, sarebbe morto dalla fame piuttosto che domandare qualche sussidio.
Tutti però andarono a gara per aiutarlo, onde finì la sua vita senza lasciare un centesimo di debito.
Dalla Francia aveva portato una magnifica tabacchiera d'argento massiccio con incisa "La Libertà"; gli stemmi delle Arti Belle, uno specchio concavo, una preziosa collana d'oro, fatta eseguire da lui stesso col metallo di 25 Napoleoni d'oro.
Ignoro dove siano andati a finire questi rari oggetti; gli rimase però sempre una crocetta d'oro, in stile greco, regalatagli in occasione della benedizione della croce monumentale.
Sui bracci di questa crocetta c'è la scritta: Cruce lata, pluvia data.
Fra i molti lavori da lui fatti, oltre al già citato disegno della nostra Croce e del cancello di ferro all'Altare di S. Croce, noteremo i seguenti:
1. La facciata della Chiesa di S. Pietro in Trento
2. Il campanile di Villa Banale, lodato anche dal Brentari nella sua Guida.
3. La Croce eretta a Seo in ricordo dei morti di colera
4. La chiesa di Bocenago
5. Il palazzo Parisi a Premione
6. Restauri alla chiesa di Breguzzo
7. Restauri alla Collegiata di Arco.
Presso la famiglia si conservano ancora numerosi schizzi e disegni di pulpiti, di pile, di croci, di lapidi mortuarie; ma si ignora se gli stessi siano stati eseguiti o meno.
Di lavori fatti all'estero non si sa con certezza nulla; consta tuttavia che lavorava molto, anche stando in patria, per architetti suoi conoscenti: fra i quali uno di Mantova gli mandava regolarmente i suoi lavori da rivedere e da correggere; segno questo che il Parolari godeva la più alta estimazione fra i suoi colleghi.
Autore Agostino Bonomi anno 1913.
Breve cronistoria di alcune delle opere:
1846 - Progetta la luminaria della chiesa di S. Pietro a Trento, in occasione del terzo centenario del Sacro Concilio.
Sia nella pubblicazione del Bonomi del 1913, che in altre opere, al Parolari si attribuisce erroneamente il progetto della facciata dello stesso edificio, disegnata dal padovano Pietro Selvatico.
1854 - La croce monumentale di S. Croce del Bleggio; un'imponente opera con base a gradoni di forma ottogonale, circondata da otto pilastrini poligonali granitici che sostengono una grossa catena, ed adornata con venti pregevoli sculture opera di Antonio Spagnolli da Reviano d'Isera.
Sempre nella chiesa di S. Croce, progetta il cancello all'altare della Croce Taumaturga.
1861 - L'elegante Villa Parisi a Premione: edificio di impianto neoclassico, con timpano in stile palladiano.
Committente dell'opera l'amico Giovanni Parisi, medico condotto del Banale.
I lavori per la realizzazione dell'edificio durarono diversi anni.
Tra i documenti conservati presso L'archivio di Stato di Trento, nella serie "Giudizio Distrettuale di Stenico 1862" sono custodite le pratiche relative alla diatriba intercorsa tra lo stesso Dott. Parisi e il comune di Premione in merito alla realizzazione dell'edificio;
problemi di servitù verso sera della nuova costruzione, dove il comune era intenzionato a fabbricarvi una nuova canonica o altra casa e il temuto danno che la nuova fabbrica del Parisi poteva arrecare ai tubi che convogliavano l'acqua alla pubblica fontana, avevano portato ad una ingiunzione di sospensione lavori nell'agosto 1862, quando l'edificio era in parte coperto e parte ancora in fabbrica.
1862,1863 - Tra i documenti conservati nell'Archivio di Stato in Trento, serie "Giudizio Distrettuale di Stenico 1862 e 1863", troviamo diversi atti, progetti e computi realizzati dal Parolari nel corso di questo biennio:
muri di sostegno della strada che da Andogno porta alle Moline , nel tratto attiguo al ponte sul torrente Ambiez;
sempre ad Andogno nell'ambito dell'intervento di sistemazione e ottimizzazione della viabilità del paese, ed in primis quale misura di prevenzione allo sviluppo degli incendi, il Comune di Andogno in seguito al devastante incendio del novembre 1862 conferisce al Parolari l'incarico di progettare la realizzazione e l'ampliamento della piazza con relativa fontana;
ristrutturazione ed elevazione di edifici incendiati in Andogno, tra i quali quello di casa Bellutti;
ristrutturazione e sistemazione dell'edificio Nicolli ad uso canonica e scuola nel paese di Sclemo;
1865 - Progetta diversi edifici privati: negli atti del "Giudizio Distrettuale di Stenico" sono conservate le tavole degli edifici Serafini a Villa Banale e Sicheri a Stenico.
1870 - L'ampliamento della chiesa di Santa Margherita a Bocenago;
l'edificio presenta una pianta a croce greca ed uno stile degli elementi interni ed esterni, ispirato all'architettura romanica.
Informazione dettagliate sull'edificio sono disponibili all'indirizzo http://www.comunebocenago.it/it/chiesa.htm
1875 - Il campanile della chiesa di Villa Banale.
Il Parisi nel libro Frammenti di Storie Villesi del gennaio 2008 così lo descrive:
"alto 38 metri, con sommità a forma di piramide a base poligonale, fatto con pietra marmorea rossa, scavata al ponte Balandin''.
Principali progetti nel paese di Seo:
1856 - Il monumento a ricordo dei 24 deceduti per l'epidemia di colera del 1855; una piramide tronca, posata su un basamento a tre ripiani con due pioventi, sulla cui sommità si erge la croce.
1893 Progetta e dirige i lavori di costruzione della galleria murata, realizzata per captare e derivare la nuova sorgente trovata sopra il paese e la rete idrica per tradurre l'acqua nell'abitato.
1897 La fontana principale del paese a base ottogonale alimentata dall'acquedotto progettato nel 1893.
Presso vari archivi sono custoditi numerosi altri progetti e computi relativi a diverse opere: ristrutturazione della Canonica di Seo; abitazioni private in varie località; opere stradali come le tre arche della strada del Lisano; il pulpito e la pavimentazione delle corsie, nella chiesa di San Vigilio a Stenico del 1850;
alcuni progetti mai realizzate come quello del 1874 che prevedeva l'ampliamento della chiesa di S. Michele di Seo.
Le sue amicizie e frequentazioni, con personaggi sospettati di attività cospirativa antiaustiaca, lo rendono inviso all'autorità politica dell'epoca, impedendogli di fatto di sviluppare in loco l'intera potenzialità del suo talento.
Dall'esame delle parcelle emesse per prestazioni di progettazione e direzione lavori inerenti opere di pubblico interesse, si evince che i compensi a lui accreditati, per una scusa o per l'altra, venivano regolarmente penalizzati.
La vita del Wolfango si concluse in uno stato di profonda miseria.
Dopo la sua morte avvenuta il 27 febbraio 1909 alla veneranda età di 94 anni, gli eredi legittimi rinunciarono espressamente all'eredita: la casa, i fondi e i beni mobili di cui disponeva non riuscivano a coprire se non in minima parte i debiti che aveva contratto nell'ultima parte della sua esistenza.
Dei beni abbandonati dal defunto Parolari, dettagliatamente annotati nell'inventario del 1909 e battuti all'asta nello stesso anno, poche cose rimangono; tra queste il suo tavolino da studio.
Di particolare interesse sono le decorazioni e le pitture che addobbano la sua stanza: un piccolo ambiente a pianta longitudinale, ricoperto per la quasi totalità della sua lunghezza da un soffitto a botte lunettata.
La volta, colorata nella tinta dell'azzurro, è marcata lungo le quartiche d'intersezione con le unghie, da cornici e decorazioni monocromatiche a "Grisaglia", che si innestano in prossimità del piano di imposta con finti peducci finemente decorati in tinta del grigio.
Spicca in ogni peduccio un'immagine di protome umana; volto maschile in tinta dorata, che tiene in bocca un ramoscello di frutta.
Nelle quattro lunette reali e sulle due create artificiosamente, sei dipinti entro cornici anch'esse dipinte, raffigurano alcuni dei principali paesaggi visitati dal Parolari.
Dei sei quadretti due sono interrotti a metà nel punto di intersecazione del locale con la muratura perimetrale dell'edificio.
Il primo dei due quadretti troncati raffigura il treno in transito su un viadotto ad arcate; il secondo, speculare al primo, le vestigia di un tempio eretto con sistema trilitico su un dirupo e composto da una trabeazione, sorretta da cinque colonne frontali ed almeno una laterale, poggianti su plinti.
Sembra quasi che i due quadretti parziali vogliano metaforicamente simboleggiare l'incompletezza del viaggio e l'incompiutezza delle visite ai templi dell'architettura classica.
Appena dopo il treno, proseguendo in senso orario, troviamo un paesaggio di mare, con spiaggia rocciosa, sulla quale si eleva una specie di muraglia, forse rocciosa, con fornice passante.
Tale immagine sembrerebbe riferirsi a qualche non ben definita località della Sardegna.
Nel terzo quadretto viene raffigurata una chiesetta con campanile centrale, posta sulla sommità di un colle in un contesto presumibilmente alpino.
Sul lato opposto un altro quadretto raffigura una tenuta recintata da muraglia, con alla sinistra un edificio con portico ad arcate a piano terra, spioventi laterali digradati, timpano con rosone e croce sulla sommità; la facciata dell'edificio è molto simile a quella dell'antica basilica costantina di S. Pietro, raffigurata nell'illustrazione di H. W. Breuer del 1891; sullo sfondo dietro le due piante si intravvede la sagoma di un cupolone con affiancate due cupole minori, come quelle delle cappelle Gregoriane e Clementina di S. Pietro a Roma; sulla destra una altro piccolo edificio con edicola campanaria, composto da due parallelepipedi accostati; nella tenuta sono raffigurati quattro personaggi: un signore con vestito nero e cappello accompagna a braccetto una dama o sposa con abito bianco, velo sul capo e fiocco azzurro in vita; un altro personaggio sempre in nero, con cappello e ombrello in mano (forse lo stesso Wolfango) osserva l'ambiente che lo circonda guidato dalla gestualità di un cicerone con bastone, camicia bianca e grande cappello di paglia in testa.
Altro quadretto con paesaggio marino, apparentemente ambientato nel "Golfo di Napoli",dove sul lungomare prospicente a bianchi edifici in stile arabo ed adornato da numerose aiuole e anfore su colonne, un signore con cappello e bastone, illustra il paesaggio alla dama o sposa che accompagna; tra gli altri due personaggi raffigurati nella scena, si pone in primo piano un giovane con giacca in spalla e un berretto frigio color marroncino in testa; una sontuosa scalinata degrada verso il mare.
Sempre sulla volta tra una lunetta e l'altra,in affreschi ovali circondati da ghirlande, sono raffigurate sei muse che richiamano bellezza, musica, archeologia, geometria, scultura e inni sacri.
Al culmine della volta, una centrale composizione floreale intervalla due distinti emblemi: il primo raffigura un compasso,due squadre e tre volumi rilegaticon un lungo fiocco azzurro; il secondo un righello, una squadra piena e una pergamena nastrata con impressi gli abbozzi di quattro tipi di capitello , in stile Corinto, Ionico, Dorico e Tuscano, con relativo fusto, ognuno contrassegnato da una distinta epigrafe.
Analizzando nello specifico i cicli decorativi del locale, sembra quasi che il Parolari abbia voluto rivivere l'intero percorso formativo della sua vita: il viaggiare; la scoperta di nuovi paesaggi e delle principali città d'arte dell'epoca; l'approfondimento delle varie arti rappresentate dalle muse; quale bagaglio professionale e culturale indispensabile per tentare di raggiungere lo stato d'arte nella progettazione architettonica, metaforicamente simboleggiata in cima alla volta dai due emblemi.
Della sua vita privata poco si sa.
Perde il padre Francesco quando è ancora minorenne.
Nel 1850 chiede la legittimazione quale figlio dell'esposto Agostino Ferney, nato nel 1847.
Nell'informativa del 05 dicembre 1854, correlata alla pratica di legittimazione, il redattore del documento indirizza alla prefettura di Stenico una succinta nota sullo stato patrimoniale dell'aspirante genitore.
Dal documento si apprende che il Parolari in quegli anni viveva separato dai fratelli, assieme al bambino Ferney.
La sua situazione economica era buona, anche se la maggior parte della porzione ereditaria lasciatagli dai genitori, l'aveva consumata per il suo mantenimento agli studi presso all'accademia di Brera dove seguiva le lezioni di architettura.
L'eredità lasciatagli da una zia, oltre all'acquisto di alcuni fondi, contribuì ad aumentare il suo patrimonio.
All'epoca si trovava occupato come diurnista contabile presso la J. R. commissione per lo svincolo della Gleba.
Oltre a tale impiego eseguiva qualche progetto e lavora come perito.
Da alcuni documenti del 1849 conservati presso l'archivio di Stato di Trento, tra i quali una supplica del Parolari, indirizzata al J R Giudizio Distrettuale di Stenico per farsi assegnare dalla Commissione Catastale del Tirolo l'incarico di estensore dei libri di trasporto, lo stesso Pietro nel breve curriculum di presentazione illustra ed allega i certificati in suo possesso: attestato di frequentazione del corso di architettura e prospettiva presso l'Accademia di Belle Arti in Milano e dello studio di matematica pura; il certificato della scuola di metodica sempre in Milano quale maestro assistente in una scuola elementare minore.
Nel 1886, in veste di ispettore scolastico, indirizza una curiosa nota al Comune di Seo, che rende il quadro delle problematiche riferibili al mondo scolastico di allora: informa il comune che la legna portata dagli stessi scolari e accatastata all'interno dell'edificio scolastico per riscaldare il fornello, è per lo più tagliata di fresco e provoca permaneti esalazioni umide, che tendono a rendere insalubre l'ambiente, per cui si rende necessaria la predisposizione di un luogo alternativo per lo stoccaggio.
Tra le varie testimonianze e gli aneddoti raccolti in paese sul Parolari , uno in particolare è riportato dalla signora Ancilla M.: durante una delle sue usuali visite al paese nativo, tra un racconto e l'altro il Wolfango aveva trova il modo di ironizzare scherzosamente con alcuni suoi amici e parenti che a suo dire conducevano la solita "tribolata vita contadina", mentre lui era impegnato in opere di tutt'altro tenore e precisamente in quel periodo progettava alcuni interventi presso il Duomo di Milano.
Tre di loro, approfittando dell'oramai imminente trasferta in Lombardia, dove nei periodi morti della stagione alpina si recavano per esercitare il mestiere di "paroloto" e "spazzacamino", decisero di seguirlo per verificare di persona la veridicità di quanto avevano appreso;
is sa che nella Galleria di Milano si fecero fotografare assieme al Parolari, con in spalla i loro arnesi da lavoro e nello stesso ambiente complici l'inesperienza nella frequentazione di un luogo così inusualmente lussureggiante e le brocche in ferro con cui erano chiodate le suole delle loro scarpe, caddero sul pavimento levigato.
Nel 1959 in occasione del cinquantesimo anniversario dalla morte, uno stuolo di studenti di tutte le scuole del comune, accompagnati dai rispettivi insegnanti, si riversarono in paese per celebrare la ricorrenza.
Da allora la sua figura sembrava essere entrata nell'oblio.
In questi ultimi anni è in atto la riscoperta e rivalutazione del personaggio.
Nel 2005, in seguito alla ristrutturazione della toponomastica comunale, la piazza principale del paese di Seo ha assunto il nome di "P.zza Pietro Parolari".
08/2008 - A cura di Carlo Benigni.
Coadiutòre nelle ricerche sig. Sicheri Giovanni.
Progetti Parolari da Archivio Storico ex Comune di Seo, presso Archivio Comunale Stenico.
Immagini stanza Parolari concesse dalla signora Rita.
Memoria storica sig. Benigni Giuseppe.
Genealogia della famiglia Parolari concessa da Paolo Parolari.
De Oliva Don Silvio, figlio di Riccardo e Augusta Bertol, nasce a Mezzocorona il giorno 11 novembre 1881.
Viene ordinato sacerdote il primo luglio del 1906.
Dall'ottobre 1906 al agosto 1908 svolge le funzioni di cooperatore a Noriglio, dall'agosto 1908 al novembre 1909 a Centa, dal novembre 1909 al dicembre 1911 a Lomaso.
Nel dicembre 1911 viene nominato curato di Seo e Sclemo.
Personalità molto dinamica, ha lasciato nei venticinque anni di presenza, un profondo segno nelle due piccole comunità.
Viene ancor oggi ricordato dalle persone anziane per la sua semplicità e modestia, che lo portavano a vivere ed assimilarsi con la gente dei due piccoli paesi.
Tra le attività da lui espletate vi è quella di ispettore onorario per le antichità e le belle arti.
Alcuni reperti rinvenuti durante i lavori di ristrutturazione in un antico edificio del paese, tra i quali un capitello in pietra arenaria dell'VIII secolo, catalogato a pag. 36, del "Secondo Quaderno dei Beni Artistici e Storici del Trentino" e una acquasantiera, sono stati recuperati per sua volontà e conferiti nella locale chiesa, dove vengono tuttora conservati, sottraendoli di fatto all'usuale per l'epoca riuso edificatorio, al quale sono stati destinati i numerosi reperti lapidei rinvenuti in paese, quali tombe in pietra, elementi architettonici con fregi, reminiscenze della colonizzazione romana e longobarda.
Sempre sul secondo volume dei quaderni a pag. 48, viene riportata una nota a testimonanza della sua attività di promozione del patrimonio artistico locale; in una lettera del 1924 indirizzata da Don Silvio alla Regia Soprintendenza di Trento, egli accenna l'esistenza di una datazione oggigiorno scomparsa, sull'altare maggiore della chiesa di Dolaso.
Il suo grande merito è anche quello di aver voluto preservare, promuovere ed esaltare, gli usi , costumi e tradizioni, di questi piccoli paesini.
Grazie al suo impegno sono state realizzate nel paese di Seo, ad opera del fotografo di Trento Sergio Perdomi, una serie di pregevoli fotografie che immortalano i principali eventi folcloristici in voga agli inizi del ventesimo secolo.
Queste immagini accompagnate da una dettagliata descrizione degli usi costumi e tradizioni del periodo, con notizie fornite in massima parte dallo stesso Don Silvio, sono state pubblicate a cura di Ferruccio Quintavalle, importante storico della prima metà del XX secolo, sulla rivista mensile del T.C.I. - Le Vie D'italia, del 03 marzo 1928, con il titolo di "usi e costumi tradizionali delle Giudicarie Esteriori".
Sempre negli anni venti Don Silvio si fece promotore di un comitato per l'erezione del monumento ai martiri dell'eccidio di Sclemo dell'aprile 1848.
Alcune delle sue lettere che ricostruiscono gli avvenimenti nel dettaglio, ripercorrendo il tragico destino dei combattenti volontari lombardi massacrati dalle truppe austroungariche, sono state raccolte e pubblicate nell'opuscolo del 2003 "I Corpi Franchi nelle Giudicarie Esteriori e l'eccidio di Sclemo", edito dal Comune di Stenico con la collaborazione del "Circolo Culturale Stenico 80 - Giuseppe Zorzi".
Si fece anche promotore per la relizzazione della nuova cappella centrale del cimitero di Seo: il progetto tuttora conservato negli archivi della chiesa, venne commissionato all'architetto Stefano Zuech; il dipinto interno del grande angelo al pittore Dario Wolf.
Grande appassionato di montagna, di botanica e guida alpina, non disdegnava di frequentare i sentieri delle prestigiose cime dolomitiche della zona, spesso in occasione di ricorrenze, o della venuta in zona di personaggi importanti , come il Re del Belgio.
Alcune immagini, lo ritraggono in momenti di commemorazione ambientati sulle cime dolomitiche del Brenta: quelle riportate nella biografia sono state scattate nel 1934, in occasione della cerimonia di inaugurazione della stele posata sul fianco orientale della Bocca di Brenta, a cura dell'associazione Alpinisti Tridentini, in memoria di Alberto primo del Belgio, illustre frequentatore e arrampicatore di queste cime, deceduto in un tragico incidente alpinistico il 17 febbraio 1934 vicino a Namur.
Numerose furono le iniziative che intraprese a favore dei giovani: Organizzava sovente gite di gruppo in montagna o nelle vicine località.
Spesso si faceva accompagnare nelle sue escursioni o in occasione di cerimonie importanti da alcuni giovani dei due paesini.
Fu anche promotore di opere inerenti l'attività ludico-sportiva, come la realizzazione di un piccolo campetto da calcio nella pineta di Seo.
Alla sommità del dirupo ubicato a meridione della località Cugol, teneva un roccolo: costruzione in muratura a torre per il riparo dell'addetto all'uccellagione, con area antistante attrezzata mediante reti.
I volatili catturati, servivano per il sostentamento dello stesso curato e per i bisogni dei parrocchiani.
L'incuria e l'opera dei ragazzi del paese hanno cancellato ogni traccia dell'edificio.
Del roccolo oggi rimangono solo alcuni terrazzameti.
Si spegneva nel dicembre del 1935 presso l'ospedale di S. Croce del Bleggio.
Sulle cause della sua prematura scomparsa, esistono diverse contrastanti testimonianze:
come riportato da Giuseppe B. sembra abbia contratto la setticemia, da una leggera ferita al piede, occorsa scendendo frettolosamente da un canalone sul monte Valandro, "Valon del Ghirlo", dopo essersi trovato di fronte ad un'orsa con due cuccioli.
08/2008 - A cura di Carlo Benigni.
Dati anagrafici: Archivio Diocesano di Trento.
Immagini: gentile concessione di Gianfranco Morelli
Ambientazione storica immagini sul Brenta: Luigi Benigni
In allestimento
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